“Il pericolo di riforme cattive c’è perché la magistratura sta vivendo un momento di grave crisi di credibilità”. A dirlo è il Presidente dell’ANM Giuseppe Santalucia al webinar su “La riforma della giustizia”, che si è svolto giovedì 27 maggio. L’incontro è stato organizzato dal Laboratorio per le riforme, gruppo di studiosi e professionisti impegnati nell’analisi e nell’elaborazione di progetti di riforma istituzionale, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze politiche e giuridiche dell’Università di Messina e con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati.
Dopo i saluti del prof. Mario Calogero, Direttore del Dipartimento di Scienze politiche e giuridiche, dell’avv. Domenico Santoro, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Messina, e del prof. Alessandro Morelli, Direttore del Laboratorio per le riforme, il seminario è stato introdotto dal prof. Giovanni Moschella, Prorettore Vicario dell’Ateneo peloritano, e coordinato dalla dott.ssa Liana Milella, giornalista de La Repubblica. Alla tavola rotonda hanno partecipato anche l’avv. Giuseppe Gaetano Iacona, Tesoriere del Consiglio Nazionale Forense, e il dott. Emanuele Crescenti, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Barcellona P.G.
Nella sua introduzione, Moschella ha evidenziato come la contrapposizione tra potere giudiziario e potere politico derivi dalla circostanza che le Costituzioni democratiche contemporanee hanno profondamente trasformato il ruolo del giudice. Non più passivo esecutore della volontà legislativa, nello Stato costituzionale il giudice esercita, infatti, una funzione caratterizzata da un notevole grado di creatività, avendo egli il compito di concorrere all’attuazione dei valori costituzionali.
Milella ha sottolineato l’importanza del tema affrontato, considerato che “da sempre la giustizia è la madre di tutti i contrasti politici possibili”. Adesso, però, la riforma in tale settore è più urgente che mai, dipendendo dalla sua riuscita l’accesso a ingenti finanziamenti europei. Anche in questa fase, tuttavia, ha rilevato ancora la giornalista, si registrano iniziative divisive come la raccolta delle firme per i referendum sulla giustizia e la proposta di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sulla magistratura.
Santalucia ha difeso l’associazionismo giudiziario, oggi rappresentato per lo più in chiave negativa dopo il caso Palamara: “per tanti anni la forza culturale dell’associazionismo ha concorso a determinare una crescita democratica dell’istituzione giudiziaria”, ha dichiarato il Presidente dell’ANM, che ha precisato anche di guardare con favore alle proposte di riforma sul processo civile e su quello penale, elaborate rispettivamente dalle Commissioni Luiso e Lattanzi, e di attendere con fiducia le soluzioni della Commissione Luciani sulla riforma del CSM. Si è invece detto contrario sia all’istituzione della commissione d’inchiesta, che, senza svolgere il ruolo proprio di tale organo, tenderebbe solo a “reinterpretare la storia che va dagli anni di Tangentopoli a oggi”, sia al sorteggio dei componenti del CSM e all’alterazione del rapporto di proporzione numerica tra membri laici e togati dell’organo.
Iacona ha sottolineato l’incidenza che una giustizia civile efficiente ha sull’economia, considerato che le lungaggini del contenzioso scoraggiano gli investitori stranieri. Ha quindi rilevato che la riforma più importante da realizzarsi dovrebbe essere quella di incrementare in misura adeguata l’organico della magistratura.
Crescenti ha ribadito la necessità di rispettare l’obbligatorietà dell’azione penale, a fronte delle proposte di affidare al Parlamento il compito di definire le priorità nelle attività di repressione dei reati e ha evidenziato l’attuale vigenza di norme atte a regolare adeguatamente la dinamica dei rapporti tra PM e GIP.
Tutti i partecipanti all’incontro hanno espresso perplessità su eventuali interventi di riforma della Costituzione, che, per la parte relativa alla giustizia, necessiterebbe ancora di una piena attuazione. Dubbi sono stati espressi, infine, da Morelli sulla proposta di istituire un’assemblea costituente, che rischierebbe di condurre il processo riformatore oltre i confini della legalità costituzionale.