Comunicato N° 81 del 16 Marzo 2015

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Si è tenuto nei giorni scorsi, nell’Aula Magna dell’Università, il Convegno “Democrazia e sistema bicamerale. Teoria politica, profili storici e prospettive costituzionali”. L’incontro è stato organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche e Storia delle Istituzioni, dall’Associazione Italiana degli Storici delle Dottrine Politiche e dall’Associazione Italiana di Storia delle Istituzioni Politiche.

Nel corso dell’incontro si è approfondito il quadro storico degli ultimi due secoli in Europa e in America del Nord in un contesto di affermazione del costituzionalismo e dei sistemi liberal-democratici per giungere all’Italia e alle modifiche in fase di attuazione proprio in questi mesi. Dopo l’approvazione in prima lettura sia al Senato sia alla Camera delle norme di riforma istituzionale che modificano il ruolo del Senato, un dato acquisito per tutte le principali forze politiche sembra essere il superamento del sistema di bicameralismo perfetto.

In molti degli interventi si è sottolineato come l’esistenza di una Seconda camera sia assolutamente indispensabile soltanto all’interno di una forma di Stato federale dove diviene fondamentale garantire una piena rappresentanza a tutte le unità federali. Tuttavia, anche in un avanzato paese democratico come l’Italia caratterizzato da forti tendenze regionali, la piena rappresentatività delle stesse entità così come la piena funzionalità di un Senato federale o regionale costituiscono elementi costituzionali e politici assodati.

Dopo i saluti di Giovanni Moschella, Direttore del DiSGeSI, di Andrea Romano, Presidente dell’AISIP e di Robertino Ghiringhelli, membro del direttivo nazionale dell’AISDP, si è svolta la prima sessione coordinata dallo stesso Moschella che ha introdotto i lavori dando conto del dibattito sulla Seconda Camera nell’ambito dell’Assemblea Costituente, con uno sguardo attento anche alle attuali prospettive di riforma istituzionale. Hanno poi relazionato Franco Maria Di Sciullo sulla questione della rappresentanza e sulle problematiche teoriche e politologiche come si sono sviluppate nella fase definita della post-democrazia e Alessandro Torre che ha approfondito la tematica della rappresentanza degli interessi nello Stato non federale.

Nella seconda sessione presieduta da Andrea Romano la discussione si è incentrata sui fondamenti storico-costituzionali del bicameralismo. Daniela Novarese ha affrontato la tematica della rappresentanza e del bicameralismo nell’Italia liberale, Salvatore Bottari si è soffermato sull’esperienza del parlamento siciliano e sulle lotte politiche dopo l’entrata in vigore della Costituzione del 1812 e Giuseppe Bottaro ha dato conto del bicameralismo nel sistema federale statunitense in stretta relazione con il modello di democrazia pluralista.

Nella seconda giornata di lavori Robertino Ghiringhelli ha tratteggiato la figura di Ivanoe Bonomi, personalità di peso della fase costituente e primo Presidente del Senato della Repubblica. Dario Caroniti ha fatto riferimento a John Adams, padre del costituzionalismo americano, mentre Maria Antonella Cocchiara ha ripercorso le varie fasi di lavoro dell’Assemblea Costituente e la nascita del bicameralismo perfetto. Vincenzo Tondi della Mura si è domandato come sia possibile far diventare il Senato la Camera rappresentativa della Nazione. Infine, Vittoria Calabrò, Italia Maria Cannataro, Anna Maria Citrigno e Michele Stupia hanno animato il dibattito con i loro interventi.

Dal Convegno è emerso il dato comune che in un sistema politico nel quale i candidati alle massime cariche pubbliche, parlamento e governo, vengono scelti o nominati da una ristretta classe dirigente che governa i partiti, i cittadini non percepiscono come propria diretta derivazione gli uomini di Stato e, quindi, sentono di non rivestire alcun ruolo effettivo in quello che solo nominalmente si raffigura come un governo rappresentativo. Per questo motivo sorgono dei seri dubbi sull’ipotesi di elezione indiretta, in questa eventualità per i “nuovi” senatori sarebbe, infatti, impossibile assumersi la piena responsabilità delle scelte politiche di fronte all’opinione pubblica e verrebbe meno il rapporto di fiducia fra eletti ed elettori.

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